ORDINE DEGLI INGEGNERI DI NAPOLI
Nella riunione del 3 ottobre 2000, il Consiglio dell'Ordine ha approvato,
la TABELLA B2 - Onorari relativi al D.Lgs. 494/96.
Note:
Le prestazioni sopra esposte non sono soggette all'applicazione della maggiorazione per
incarico parziale.
ORDINE DEGLI INGEGNERI DI NAPOLIIl Consiglio in merito all'aggiornamento dei compensi per
revisione tecnico contabile per collaudi tecnico amministrativi e per prestazioni
ex D.Lgs. 494/96 ha fatto proprio quanto deliberato nella riunione di Federazione
del 2 luglio 1999. (All. n° 3 al Verbale di Federazione del 2.07.1999) Formula di applicazione: O = (I x P x A) + S Ove: O = Onorario I = Importo totale dei lavori come definito dall'Art. 15 della Tariffa Professionale P = Percentuale afferente la categoria dei lavori desunta dalla tabella A della T.P. nel caso di opera edilizia le categorie applicabili sono: - Opere edili e di rifinitura (categoria Ia-Ib-Ic-Id-Ie) - Strutture (categoria If- Ig) - Impianti idrico - fognari - elettrici (IIIa) - Impianti di riscaldamento - condizionamento - sollevamento (IIIb) - Impianti di illuminazione- telefonici - di controllo (IIIc) A = Somma delle prestazioni parziali desunte dalla tabella "A" allegata S = Spese forfettizzate nella misura del 5% del prodotto (I x P x A) se il professionista è anche progettista dell'opera; altrimenti nella misura del 30% Formula di applicazione: O = (I x P x A) + S O = Onorario I = Importo totale dei lavori come definito dall'Art. 15 della Tariffa Professionale P = Percentuale afferente la categoria dei lavori desunta dalla tabella A della T.P. nel caso di opera edilizia le categorie applicabili sono: - Opere edili e di rifinitura (categoria Ia-Ib-Ic-Id-Ie) - Strutture (categoria If - Ig) - Impianti idrico - fognari - elettrici (IIIa) - Impianti di riscaldamento - condizionamento - sollevamento (IIIb) - Impianti di illuminazione- telefonici - di controllo (IIIc) A = Somma delle prestazioni parziali desunte dalla tabella "B" allegata S = Spese forfettizzate nella misura del 30% del prodotto. (I x P x A) se il professionista è anche direttore dei lavori dell'opera; altrimenti nella misura del 50% Formula di applicazione: O = (I x P x A) + S O = Onorario I = Importo totale dei lavori come definito dall'Art.l5 della Tariffa Professionale P = Percentuale afferente la categoria dei lavori desunta dalla tabella A della T.P. nel caso di opera edilizia le categorie applicabili sono: - Opere edili e di rifinitura (categoria Ia-Ib-Ic-Id-Ie) - Strutture (categoria If- Ig) - Impianti idrico - fognari - elettrici (IIIa) - Impianti di riscaldamento - condizionamento - sollevamento (IIIb) - Impianti di illuminazione telefonici - di controllo (IIIc) A = Percentuale pari al 10% S = Spese forfettizzate nella misura del l0% del prodotto (I x P x A) Formula di applicazione: O = (I x P x A) + S O = Onorario I = Importo totale dei lavori come definito dall'Art. 15 della Tariffa Professionale P = Percentuale afferente la categoria dei lavori desunta dalla tabella A della T.P. nel caso di opera edilizia le categorie applicabili sono: - Opere edili e di rifinitura (categoria Ia-Ib-Ic-Id-Ie) - Strutture (categoria If- Ig) - Impianti idrico - fognari - elettrici (IIIa) - Impianti di riscaldamento - condizionamento - sollevamento (IIIb) - Impianti di illuminazione- telefonici - di controllo (IIIc) A = Percentuale pari al 20% S = Spese forfettizzate nella misura del l0% del prodotto (I x P x A)
In alternativa alla forfettizzazione i rimborsi spese e compensi
accessori potranno essere calcolati ai sensi degli artt. 4 e 6 della T.P.
Il compenso minimo può essere così determinato: - Prestazioni di cui al punto 1: Lit. 1.500.000 - Prestazioni di cui al punto 2: Lit. 2.000.000 - Prestazioni di cui ai punti 3 e 4: Lit. 1.000.000
Le prestazioni citate devono intendersi autonome per cui non sono
consentite ulteriori maggiorazioni.
Maggiorazione delle percentuali suddette nel caso di edifici soggetti a vincolo storico-ambientale: 15%
Maggiorazione delle percentuali suddette nel caso di edifici soggetti a vincolo storico-ambientale: 15%
CONSIGLIO NAZIONALE DEGLI INGEGNERI |
CASELLARIO GIUDIZIALE |
Oggetto: Funzioni P.A. autocertificazione - Certificato generale casellario
giudiziale - Inapplicabilità - Riscontro nota del 5.1.2000 prot. n. 7 - Prot.
CNI 1389.
L'Ordine degli Ingegneri di Napoli ha inviato a questo Consiglio una "precisazione"
relativa alla non autocertificabilità del casellario giudiziale adottato
dall'Ufficio dei Consulenti tecnici del Tribunale di Napoli.
Il parere che si riporta in allegato è pienamente condivisibile attesa la espressa
e limitativa dizione "condanna penale" contenuta nell'ultimo D.P.R. 20.10.1998,
n. 403 di semplificazione di procedimenti amministrativi che costituisce documento
diverso e distinto dal casellario giudiziario.
Pertanto si invitano gli Ordini a voler tener conto delle "precisazioni" contenute
nell'allegata nota, con particolare riferimento alle domande di iscrizione all'albo
ed al relativo trattamento fiscale del documento da produrre.
Il Consigliere Segretario: Dott. Ing. Alberto Dusman
Il Presidente: Dott. Ing. Sergio Polese
Oggetto: Applicazione del Regolamento di attuazione degli articoli 1, 2 e 3
della legge 15 maggio 1997, n. 127, in materia di semplificazione delle
certificazioni amministrative di cui al D.P.R. 20 ottobre 1998 n. 403, ai
procedimenti amministrativi per l'iscrizione all'albo dei C.T.U. - Precisazioni
della nota prot. n. 578/U/99 del 25 febbraio 1999.
Con riferimento alla problematica di cui all'oggetto ed a precisazione della
nota prot. n. 578/U/99 del 25 febbraio 1999, si rappresenta che relativamente
al certificato generale del casellario giudiziale, necessario ai fini
dell'iscrizione all'albo dei consulenti tecnici, la possibilità
dell'autocertificazione attiene esclusivamente all'insussistenza di condanne
penali.
Pertanto tale autocertificazione sostituisce il solo certificato penale contenente
le iscrizioni previste dall'art. 28, comma 1, lettera b) del regolamento per il
servizio del casellario giudiziario (R.D. n. 778 del 1931), in relazione all'art.
686, comma 1, lett. a) c.p.p.
Diversamente, il certificato generale del casellario giudiziale, che riporta a
norma dell'art. 686 c.p.p. tutte le iscrizioni previste dalla legge in materia
penale (non limitatamente quindi alla sentenza di condanna) e civile, non può essere
surrogato dalla dichiarazione dell'interessato, a ciò ostando la chiara previsione
di legge (art. 1, lett. f) D.P.R. n. 403/98), limitata come detto all'insussistenza
di condanne penali.
Tale diversa certificazione quindi, richiesta espressamente per le domande di
iscrizione all'albo dei consulenti tecnici del giudice, ai sensi dell'art. 16,
comma 2, n. 2) disp. att. c.p.c., dovrà essere acquisita dall'istante unitamente alla
domanda di iscrizione.
Si rileva, infine, che il certificato generale del casellario giudiziale è
assoggettato all'imposta di bollo, poichè l'esenzione di cui all'art. 19, seconda
parte del D.P.R. n. 642/72, è riferita alla sola materia penale e non può,
quindi, comprendere il certificato generale relativo anche alle iscrizioni
di natura civile.
Il Capo della Segreteria reggente
A.M. Luna
POLIZZA ASSICURATIVA UNIPOL |
Oggetto: Polizza Assicurativa per la responsabilità civile professionale.
Le problematiche assicurative sono compendiate sia nelle varie proposte di
Riforma delle Professioni che prevedono l'introduzione della assicurazione
obbligatoria per la responsabilità civile, sia nella Legge 109/94 "Merloni"
che prevede la copertura assicurativa per i rischi derivanti da errori od
omissioni nella redazione del progetto esecutivo che comportino nuove spese
o maggiori costi per la stazione appaltante.
In questo quadro si evince che per poter usufruire di coperture assicurative
ampie, specifiche ed economicamente valide il rapporto tra assicurato ed
assicuratore non può essere risolto tra il singolo professionista e l'agente
assicurativo, ma fra categorie professionali e compagnie assicurative.
Di concerto tra la INARCASSA ed un GRUPPO Dl LAVORO DEL CONSIGLIO NAZIONALE
ARCHITETTI e del CONSIGLIO NAZIONALE INGEGNERI è stata predisposta una bozza
di polizza assicurativa che e servita di base per la stipula di una Convenzione
tra l'INARCASSA e la UNIPOL S.p.A. riservata ad Ingegneri ed Architetti.
Sulla base delle proposte di questo Consiglio Nazionale essa è stata riservata
a tutti gli Ingegneri ed Architetti purché titolari di partita I.V.A. ed iscritti
al relativo Albo Professionale.
La convenzione inoltre prevede una appendice relativa alla copertura della Legge
109/94 Garanzia "Legge Merloni" con le Garanzie Fidejussorie inerenti all'attività
di Progettazione.
Le possibilità di personalizzare la polizza sono molteplici sia come massimali
che come franchigia, che come garanzie accessorie, ed è inoltre prevista una
tariffa giovani a condizioni particolari per coloro che hanno meno di 35 anni.
La garanzia assicurativa ha la durata di un anno con quindi la possibilità sia
da parte dei colleghi che da parte della Società assicurativa di valutare i costi
ed i benefici in un arco temporale limitato ma potrebbe essere prorogata sulla
base delle adesioni raggiunte e del gradimento ottenuto.
L'INARCASSA sta inviando una Circolare ai colleghi, a cui seguirà l'invio da
parte della UNIPOL della documentazione esplicativa della polizza.
Sarà cura di questo Consiglio, non appena in possesso della documentazione o di
ulteriori elementi, informarne gli Ordini che sono invitati a dare la massima
diffusione all'iniziativa.
Relativamente alla Garanzia "Legge Merloni", per eventuali chiarimenti al riguardo
si può contattare l'Ing. Leonardo Acquaviva, Consigliere responsabile del Settore
Previdenza potendo esserci sulla Garanzia "Legge Merloni" novità anche a breve.
Nell'ipotesi di eventuali proposte per la polizza assicurativa per la
responsabilità civile professionale da parte di altre compagnie assicurative,
se ritenute convenienti, esse saranno comunicate agli Ordini, in quanto saranno
sempre i Colleghi a dover decidere liberamente sia l'eventuale adesione che la
scelta della comnpagnia assicuratrice sulla base delle condizioni offerte.
Il Consigliere Segretario: Dott. Ing. Alberto Dusman
Il Presidente: Dott. Ing. Sergio Polese
BANDI DI GARA |
Introduzione
L'articolo 21 legge 10 ottobre 1990, n. 287, "Norme per la tutela della
concorrenza e del mercato", assegna all'Autorità garante della concorrenza
e del mercato il potere di segnalare al Governo, al Parlamento o alle
amministrazioni pubbliche competenti le distorsioni della concorrenza originate
da norme di legge o di regolamento non giustificate da esigenze di carattere
generale.
In tale contesto l'Autorità ha dedicato particolare attenzione
al settore degli appalti pubblici, anche in conseguenza dell'esplicita
disposizione dell'articolo 24 della legge n. 287/90 che richiedeva
all'Autorità, entro diciotto mesi dalla sua costituzione, di trasmettere
al Presidente del Consiglio dei Ministri un rapporto circa le azioni da promuovere
per adeguare ai principi della concorrenza la normativa di tre settori, uno dei
quali era quello degli appalti pubblici (Appalti pubblici e concorrenza,
Relazione al Presidente del Consiglio dei Ministri, Roma, Luglio 1992,
Attività di segnalazione n.1).
Gli interventi dell'Autorità
hanno perseguito l'obiettivo di assicurare il corretto esercizio della
discrezionalità amministrativa nell'attività di acquisto di beni
e di servizi da parte dell'Amministrazione, proponendo di adeguare i meccanismi
di selezione delle imprese ai principi della concorrenza.
La nuova normativa in
materia di appalti di lavori (Leggi n. 109/1994, n. 216/1995 e n. 415/1998)
ha in gran parte ripreso i suggerimenti dell'Autorità.
Dal punto di vista dell'applicazione della normativa da parte delle
Amministrazioni appaltanti, l'Autorità ha analizzato numerosi
bandi di gara, verificando l'esistenza di alcuni comportamenti e prassi
in grado di determinare distorsioni della concorrenza e del corretto
funzionamento del mercato, nonché di incidere negativamente sui
meccanismi di formazione della domanda pubblica.
Oltre ad alcuni casi in cui si è constatato che l'Amministrazione
non aveva fatto ricorso a procedure ad evidenza pubblica là dove
esse erano imposte dalla legge, le numerose segnalazioni che sono pervenute
all'Autorità hanno evidenziato la diffusa presenza nei bandi di gara
di criteri di selezione delle imprese ingiustificatamente restrittivi.
Per tali motivi, l'Autorità ha dedicato particolare attenzione al
controllo degli strumenti utilizzati dalle amministrazioni aggiudicatrici
per selezionare le imprese, condizionando il loro accesso alle gare al
possesso di determinati requisiti di idoneità tecnica e di capacità
economica e finanziaria.
Deroghe al ricorso alla gara
Il ricorso alla gara è derogabile nei soli casi eccezionalmente previsti
ed espressamente indicati dalla disciplina applicabile. Va rilevato comunque che,
anche nei rari casi in cui effettivamente la gara sia facoltativa,
l'Autorità, come peraltro stabilito dalla Commissione Europea (Direttiva
93/36/CEE e direttiva 92/50/CEE), auspica una più ampia utilizzazione
di procedure concorsuali ad evidenza pubblica, in quanto il periodico raffronto
concorrenziale tra più operatori garantisce il contribuente che la spesa
pubblica risulta effettivamente minimizzata, incentivando peraltro l'efficienza
produttiva e organizzativa delle imprese.
Per quanto riguarda le forniture e i servizi, la normativa comunitaria e
nazionale prevede tra i principali criteri di deroga al ricorso alla gara,
il perseguimento di determinati obiettivi necessari alla realizzazione di un
preminente interesse pubblico (quali, ad esempio, quelli indicati nell'articolo
6 della direttiva 93/36/CEE e nell'articolo 11 della direttiva 92/50/CEE).
Nel caso dei lavori invece, la legge prevede che si possa fare ricorso alla
trattativa privata quando si tratta di ripristinare opere già esistenti,
rese inutilizzabili da eventi calamitosi, nel caso in cui l'urgenza del
ripristino renda impossibile l'utilizzazione di procedure di affidamento
più trasparenti.
Non basta quindi invocare la presenza di un generico
interesse pubblico per giustificare la non applicabilità delle norme
in materia di gare. Occorre che tale interesse pubblico sia concreto e specifico
e va altresì accertato che la mancata applicazione delle norme
rappresenti effettivamente l'unico strumento disponibile (criterio della
proporzionalità) al fine di raggiungere gli obiettivi proposti.
Con riferimento inoltre all'assegnazione degli appalti pubblici di servizi
di importo inferiore alla soglia di rilievo comunitario, la ponderazione
tra le esigenze del rispetto del principio dell'intuitus personae, secondo
il quale l'incarico professionale viene affidato dall'ente locale sulla
base di un rapporto di fiducia, e quelle che impongono l'adozione di procedure
ad evidenza pubblica, va rivista alla luce di una concezione dell'interesse
pubblico che comprende il mercato concorrenziale quale valore da promuovere
e da tutelare.
In tale prospettiva, le norme concernenti le procedure a
evidenza pubblica previste dalle disposizioni sulla contabilità generale
dello Stato (Regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, e il regolamento di cui
al Regio decreto 23 maggio 1924, n. 827) devono essere interpretate, integrate
e attuate alla luce delle recenti normative, alcune di stretta derivazione
costituzionale, nelle quali il perseguimento dell'interesse pubblico è
anche identificabile con la promozione di un mercato concorrenziale.
L'oggetto della gara
La definizione dell'oggetto della gara rappresenta l'aspetto principale del
contesto entro cui le imprese possono competere.
In linea di principio la gara
deve essere bandita in relazione a una fornitura valutata nella sua interezza,
ossia espressa in funzione delle caratteristiche economiche e tecniche del bene o
del servizio richiesto.
Tuttavia in alcuni casi le amministrazioni aggiudicatrici
ingiustificatamente allargano o restringono l'oggetto della gara al fine di
strumentalmente escludere alcune imprese a vantaggio di altre.
Per esempio l'oggetto della gara può essere ampliato, includendo
più attività che esplicano, se prese singolarmente, una funzione
specifica e autonoma.
Pertanto ciascuna potrebbe costituire un appalto a sé
stante.
Attraverso l'artificiale allargamento dell'oggetto della gara le
amministrazioni effettivamente precludono l'accesso a determinate categorie
di operatori, in particolare a quelle che potrebbero profittevolmente
realizzare solo una singola prestazione, ma sono impedite, anche eventualmente
dalla regolamentazione vigente, a svolgere l'intero insieme delle prestazioni
richieste (in alcuni settori per fornire determinati beni o servizi sono
richieste autorizzazioni specifiche che non sono invece necessarie per svolgere
altre attività; l'accorpamento in un unico bando di beni e servizi
caratterizzati da obblighi regolamentari diversi determina l'esclusione automatica
di tutte le imprese che non dispongono delle autorizzazioni a svolgere una
parte delle prestazioni richieste, ma che sarebbero perfettamente in grado di
svolgere altre prestazioni incluse nel bando).
Alternativamente le
amministrazioni aggiudicatrici possono frazionare il progetto soprattutto al
fine di eludere l'applicazione della normativa comunitaria, restringendo
così le possibilità di partecipazione alla gara delle imprese estere.
Inoltre in relazione all'oggetto della gara le amministrazioni aggiudicatrici,
invece di individuare direttamente ed esplicitamente le caratteristiche
specifiche del prodotto, lo identificano molto frequentemente tramite il
riferimento a una marca, a un marchio, ovvero individuandone la qualità
in relazione allo specifico organismo che la certifica.
La disciplina
comunitaria prevede infatti che, salvo che siano giustificate dall'oggetto
dell'appalto, gli Stati membri "vietano l'introduzione, nelle clausole
contrattuali di un determinato appalto, di specifiche tecniche che menzionino
prodotti di una determinata fabbricazione o provenienza ovvero ottenuti mediante
un particolare procedimento e abbiano l'effetto di favorire o escludere
determinati fornitori o determinati prodotti" (Si veda, in particolare,
l'articolo 8, paragrafo 6, della direttiva 93/36/CEE).
Al riguardo le
disposizioni comunitarie e nazionali prescrivono, in particolare, di
accompagnare l'indicazione delle specifiche tecniche con la menzione
"o equivalente", ampliando l'ambito della gara ai prodotti immediatamente
sostituibili.
Sulla base di queste considerazioni l'Autorità ritiene che le
amministrazioni aggiudicatrici debbano porre grande cura nel bandire
le gare in maniera che il loro oggetto sia compiutamente identificato da
un punto di vista economico e tecnico e che i prodotti siano identificati
con riferimento alle caratteristiche tecniche o economiche desiderate,
senza per questo limitarlo a una marca o a un brevetto specifico.
L'accesso alle gare e la qualificazione delle imprese
I requisiti di idoneità tecnica e di solidità economica e
finanziaria richiesti alle imprese ai fini della partecipazione alle gare
d'appalto devono rispondere a esigenze oggettive dell'amministrazione e,
più in generale, ai principi di ragionevolezza e di imparzialità
che regolano il legittimo esercizio della discrezionalità amministrativa.
Tali requisiti debbono necessariamente essere indicati nel bando di gara,
in modo da consentirne un'adeguata e tempestiva conoscenza da parte delle
imprese interessate.
Inoltre, essi debbono essere fissati in modo tale da
permettere comunque un efficace e corretto confronto concorrenziale.
Nei numerosi bandi di gara sottoposti all'attenzione dell'Autorità
si è frequentemente rilevata la presenza di criteri di preselezione
eccessivamente rigidi e non commisurati all'oggetto e all'effettivo valore
della prestazione.
Si è osservato che tali criteri possono limitare
ingiustificatamente la partecipazione delle imprese alle gare e ostacolare
l'accesso al mercato.
A giudizio dell'Autorità, l'adeguata tutela
dell'interesse pubblico al corretto adempimento degli obblighi contrattuali
non può in alcun modo tradursi in arbitrarie ed artificiose limitazioni
del legittimo interesse delle imprese a concorrere, in condizioni di effettiva
parità, per l'aggiudicazione degli appalti.
Nell'ambito dei criteri di selezione delle imprese riscontrati nei bandi, il
cui effetto ultimo è quello di restringere ingiustificatamente le
possibilità di partecipazione alla gara, le fattispecie più
ricorrenti riguardano l'adozione di prescrizioni che hanno l'effetto di
favorire alcuni operatori a scapito di altri sia individuandoli direttamente
che tramite il riferimento a soglie di fatturato sproporzionate rispetto
all'ammontare della gara stessa.
a) Prescrizioni volte a favorire alcuni operatori a scapito di altri
Dall'analisi di numerosi bandi di gara emerge la diffusa presenza di prescrizioni
che hanno l'effetto di favorire alcuni operatori, in maniera del tutto
ingiustificata rispetto all'oggetto del bando.
Per esempio, molte amministrazioni
aggiudicatrici vincolano la partecipazione alle gare non già alle imprese
che abbiano dimostrato di avere esperienza nel mercato specifico, indipendentemente
cioè dalla natura proprietaria degli operatori a cui abbiano effettuato
commesse, ma alle sole imprese che già abbiano fornito all'amministrazione
prestazioni o svolto lavori analoghi a quelli oggetto della gara.
Tali previsioni non sono certamente correlate alle effettive capacità
tecniche dei soggetti partecipanti, né idonee a selezionare la migliore
offerta per lo svolgimento dell'incarico. Al contrario, il loro effetto è
quello di favorire gli operatori localizzati in una certa area geografica e che
già abbiano lavorato per l'Amministrazione, escludendo ingiustificatamente
numerose categorie di imprese.
Si tratta di clausole contrarie alla normativa
comunitaria e nazionale in materia di appalti. Essa infatti indica chiaramente
che la valutazione della capacità tecnica ed economica delle imprese deve
essere effettuata in maniera obiettiva e trasparente, senza introdurre
favoritismi (ad esempio, relativamente alle opere pubbliche e con specifico
riferimento agli incarichi di progettazione, la legge prescrive l'adozione
di criteri di selezione conformi ai principi di trasparenza e di
proporzionalità tra le modalità procedurali ed il corrispettivo
dell'incarico articolo 17, comma 11 della legge n. 109/1994, così
come modificato dall'articolo 6, comma 4, della legge 18 novembre 1998 n. 415).
L'Autorità auspica pertanto che le amministrazioni aggiudicatrici non
vincolino la partecipazione alla gara sulla base di una soglia di fatturato
calcolata sul solo mercato geografico di riferimento. Queste previsioni non
identificano le imprese in relazione alle loro effettive capacità
tecniche ed economiche ed escludono tutti gli operatori capaci di svolgere
la prestazione richiesta sulla base di esperienze acquisite su mercati geografici
diversi.
b) I requisiti di fatturato
In alcune circostanze, subordinare la partecipazione alle gare al raggiungimento
di un certo livello di fatturato può risultare oltremodo gravoso e
suscettibile di ostacolare l'accesso al mercato.
Si tratta soprattutto dei
casi in cui il livello di fatturato risulta sproporzionato rispetto all'ammontare
della prestazione oggetto della gara o in cui il fatturato di riferimento non
è solo quello relativo alla classe dei prodotti posti a gara, ma è
limitato allo specifico mercato geografico entro il quale viene realizzata la gara.
L'effetto preclusivo di tali criteri rischia di incidere in maniera ingiustificata
sulle opportunità delle imprese di minori dimensioni, degli operatori non
presenti in maniera significativa sul mercato nazionale e di quelli che non sono
ancora affermati sul mercato geografico rilevante, pur possedendo idonee referenze
in ordine alla propria solidità economica e finanziaria.
L'attribuzione in ogni circostanza di un'efficacia escludente al mero criterio
del fatturato finisce per provocare un indebito allargamento del novero delle
cause di esclusione già tassativamente individuate dal legislatore.
Al riguardo basti osservare che l'articolo 13, comma 1, del decreto legislativo
24 luglio 1992, n. 358 (come modificato e integrato dal decreto legislativo 20
ottobre 1998, n. 402, recante testo unico delle disposizioni in materia di appalti
pubblici di forniture, in attuazione delle direttive 93/36/CEE e 97/52/CEE),
stabilisce che "la dimostrazione della capacità finanziaria ed economica
delle imprese concorrenti può essere fornita mediante uno o più
dei seguenti documenti:
a) idonee dichiarazioni bancarie;
b) bilanci o estratti
dei bilanci dell'impresa;
c) dichiarazione concernente il fatturato globale
d'impresa e l'importo relativo alle forniture identiche a quella oggetto
della gara, realizzate negli ultimi tre esercizi", precisando, nel successivo
comma 2, che "le amministrazioni precisano nel bando di gara quali dei
documenti indicati al comma 1 devono essere presentati, nonché gli
altri eventuali che ritengono richiedere".
Tale disposizione consente dunque
alle imprese di dimostrare la propria capacità economico-finanziaria
attraverso una pluralità di strumenti, senza che nessuno di questi
possa assumere valore preclusivo rispetto agli altri, tant'è che la
medesima norma consente alle imprese concorrenti di provare la propria
capacità finanziaria ed economica mediante qualsiasi altro documento
considerato idoneo dall'amministrazione.
In altri termini, l'articolo indica
una serie di criteri alternativi che possono essere utilizzati dall'amministrazione
appaltante per dimostrare l'idoneità degli operatori a svolgere il
servizio richiesto, ma che, in nessun modo possono essere utilizzati per
escludere dalla partecipazione alla gara le imprese, in tutte le ipotesi in
cui la capacità economica e finanziaria possa essere diversamente
dimostrata.
Va rilevato al riguardo che per determinate forniture, ad esempio quelle
relative a prodotti come quelli farmaceutici in cui l'idoneità di
un'impresa a fornirli viene certificata da un complesso meccanismo autorizzatorio,
il raggiungimento di un certo livello di fatturato non può costituire
un criterio vincolante per l'aggiudicazione finale della fornitura o anche
dalla semplice partecipazione alla gara (Parere ai sensi dell'articolo 22
della legge 10 ottobre 1990 n. 287, relativo alle gare pubbliche per la fornitura
di prodotti farmaceutici, Bollettino n. 29/97, Serie Attività di
segnalazione n. 11).
Questa prassi è suscettibile di escludere dal
mercato le piccole imprese o quelle che si affacciano per la prima volta sui
mercati interessati dalle varie procedure di aggiudicazione, pur essendo dotate
di tutte le capacità tecniche ed economiche necessarie per garantire
l'Amministrazione del corretto assolvimento degli obblighi contrattuali.
In ogni caso la proporzionalità nell'individuazione delle soglie di
fatturato per la partecipazione alle gare deve essere valutata anche in relazione
al numero degli anni per cui il raggiungimento di un certo livello di fatturato
viene richiesto.
Pertanto, soprattutto per le prestazioni di minore
complessità, occorre evitare che l'individuazione del livello del
fatturato e del numero di anni nei quali esso viene raggiunto si traduca
in discriminazioni nei confronti degli operatori di minori dimensioni o degli
operatori non presenti sui mercati di riferimento, ma comunque in possesso
delle capacità tecniche ed economiche necessarie per partecipare alla
gara.
Inoltre, il fatturato non deve essere utilizzato per escludere dalla
partecipazione alla gara le imprese, in tutte le ipotesi in cui la capacità
economica e finanziaria possa essere diversamente dimostrata.
Criteri di selezione delle imprese e ricorso alla procedura ristretta
La possibilità di ricorrere a sistemi di aggiudicazione che restringono
il numero dei partecipanti alle gare dovrebbe essere limitata ai soli casi in
cui la particolare natura delle prestazioni contrattuali (caratteristiche
tecniche o scientifiche richieste ovvero particolari requisiti artistici
o estetici) renda inopportuna una rigida separazione delle funzioni progettuali
ed esecutive.
In queste circostanze la gara dovrebbe svolgersi sulla base del
criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, consentendo peraltro
la possibilità che in sede di gara vengano suggerite varianti al progetto
o alla prestazione richiesta, tali da migliorare in termini di efficienza e di
qualità il prodotto fornito.
I raggruppamenti temporanei di imprese
Relativamente ai raggruppamenti temporanei di imprese, l'Autorità
garante della concorrenza e del mercato ha più volte affermato che i
raggruppamenti temporanei di imprese sono generalmente compatibili con le
disposizioni della normativa antitrust nella misura in cui consentono a
imprese che operano in fasi differenziate di una stessa filiera di poter
presentare la propria offerta a gare a cui individualmente non potrebbero
partecipare.
Se invece i raggruppamenti temporanei d'impresa sono realizzati
tra imprese che producono il medesimo bene o servizio essi possono integrare
una violazione della normativa a tutela della concorrenza quando le singole
imprese partecipanti avrebbero potuto individualmente partecipare alla gara
di appalto, in considerazione della loro dimensione e della capacità
produttiva disponibile.
In ogni caso i bandi di aggiudicazione non possono prevedere che i requisiti
relativi alla capacità tecnica e finanziaria debbano essere soddisfatti
dalle singole imprese associate nel raggruppamento, anziché dal
raggruppamento nel suo complesso.
Tale orientamento giurisprudenziale origina
dalla considerazione che l'effettivo partecipante alla gara è
l'associazione temporanea di imprese e non le singole imprese (Consiglio di
Stato, sentenza del 20 maggio 1992, n. 422, in Foro Amministrativo, 1992,
pag. 1106), conformemente alla finalità, che il legislatore ha
assegnato ai raggruppamenti temporanei di imprese, di associare imprese tra
loro indipendenti al fine di raggiungere una capacità complessiva
idonea alla partecipazione alla gara.
Nella prospettiva della tutela della concorrenza,
l'Autorità garante della concorrenza e del mercato auspica che la
previsione dei raggruppamenti temporanei d'impresa sia limitata ai casi in
cui essi siano effettivamente necessari per aumentare, e non per ridurre,
il numero dei partecipanti alla gara.
Problematiche legate alla gestione dei servizi pubblici locali attraverso
le società miste di cui all'articolo 22, della legge 8 giugno 1990, n. 142
Con riferimento alle società miste di cui all'articolo 22, comma 3,
della legge 8 giugno 1990, n. 14299 (modificato dall'articolo 17, comma 58
della legge 15 maggio 1997, n. 127), in diverse occasioni è stato
segnalato all'Autorità che le società miste forniscono alle
amministrazioni locali servizi ulteriori rispetto a quelli di cui sono
affidatarie dirette, senza che le amministrazioni ricorrano alle prescritte
procedure a evidenza pubblica.
Alcune segnalazioni hanno inoltre evidenziato
per le società miste il mancato esperimento di procedure concorsuali
per l'acquisto di lavori, forniture e servizi necessari all'attività
di gestione.
Le società miste, in virtù dell'affidamento diretto, operano
di fatto in assenza di ogni forma di concorrenza. Per tali motivi, è
necessario limitare l'oggetto sociale della società mista in modo da
non consentire al soggetto affidatario di svolgere al di fuori delle regole
concorrenziali anche le attività "terze", ossia attività che
non costituiscono il nucleo essenziale del servizio affidato e che potrebbero
essere realizzate da altri operatori scelti tramite procedure a evidenza pubblica.
Occorre infatti evitare che tramite l'istituzione di società miste,
formalmente affidatarie del servizio pubblico, ma di fatto caratterizzate da
una vocazione polifunzionale, venga favorita la diffusione di un potenziale
strumento di elusione della disciplina comunitaria e nazionale in materia di
appalti.
Inoltre, per quanto riguarda l'attività di acquisto di beni, servizi
e lavori da parte delle società miste, esse, quando svolgono
prevalentemente attività non commerciali e sono definibili come
amministrazioni aggiudicatrici (ai sensi dell'articolo 1 della direttiva
92/50/CEE, nonché dell'articolo 1 della direttiva 93/35/CEE e della
direttiva 93/37/CEE), sono considerate amministrazioni aggiudicatrici anche
gli "organismi di diritto pubblico", vale a dire i soggetti che
a) sono stati
istituiti "per soddisfare specificamente bisogni di interesse generale aventi
carattere non industriale o commerciale";
b) sono dotati di personalità
giuridica;
c) svolgono attività finanziata in modo maggioritario dallo
Stato, dagli enti locali, da organismi di diritto pubblico, oppure la cui
gestione è soggetta al controllo di questi ultimi, oppure il cui organo
di amministrazione, di direzione o di vigilanza è costituito da membri
più della metà dei quali designati dallo Stato, da enti locali
o da altri organismi di diritto pubblico;
sono tenute all'applicazione delle
normative comunitaria e nazionale in materia di appalti pubblici.
Se così
non fosse, il ricorso ad ulteriori affidamenti diretti a favore di società
da esse controllate impedirebbe "a cascata" il funzionamento di qualsiasi
meccanismo di concorrenza nel settore degli appalti pubblici.
Considerazioni di sintesi
Al fine di evitare che, in sede di definizione dei bandi di gara, i comportamenti
delle amministrazioni appaltanti contrastino con i principi in materia di
concorrenza sanciti dalla legge n. 287/90 occorre:
a) derogare al ricorso alla gara nei soli casi eccezionalmente previsti ed
espressamente indicati dalla normativa. Anche nei casi in cui la gara sia
facoltativa, è auspicabile l'utilizzo di procedure concorsuali ad
evidenza pubblica, in quanto consente il periodico raffronto concorrenziale
tra più operatori, garantisce al contribuente che la spesa pubblica
risulta effettivamente minimizzata incentivando peraltro il perseguimento
dell'efficienza produttiva ed organizzativa delle imprese;
b) non ricomprendere nell'oggetto della gara più attività
che, prese singolarmente, esplicano una funzione economica o tecnica e
che quindi potrebbero da sole costituire oggetto di appalto;
c) non frazionare il progetto in singoli lotti al fine di eludere la
disciplina comunitaria sugli appalti pubblici se ciò comporta che
alcuni di essi siano poi sprovvisti di una propria funzione economica o tecnica;
d) evitare le prescrizioni che abbiano l'effetto di favorire alcuni operatori
a scapito di altri e che non siano correlate alle effettive capacità
tecniche dei soggetti partecipanti, quali i riferimenti a determinati marchi
di prodotti o l'obbligo per le imprese partecipanti di avere già svolto
per l'amministrazione attività analoghe a quelle oggetto della gara;
e) non subordinare la partecipazione alle gare al raggiungimento di un livello
di fatturato sproporzionato rispetto all'ammontare della prestazione oggetto
della gara oppure al raggiungimento di un fatturato calcolato sul solo mercato
geografico di riferimento;
f) soprattutto per le prestazioni di minore complessità, evitare di
richiedere il raggiungimento di una determinata soglia di fatturato per un
numero di anni sproporzionato rispetto all'oggetto del contratto;
g) che la previsione di raggruppamenti temporanei d'impresa sia limitata ai
casi in cui essi siano effettivamente necessari per aumentare, e non per ridurre,
il numero dei partecipanti alla gara;
h) che nel caso dei raggruppamenti temporanei di imprese, il requisito della
capacità tecnica ed economica venga soddisfatto dal raggruppamento nel
suo complesso e non dalle singole imprese associate;
i) limitare l'oggetto sociale delle società miste di cui all'articolo
22 della legge 8 giugno 1990, n. 142, in modo tale da non consentire al soggetto
affidatario di svolgere al di fuori delle regole concorrenziali anche le
attività che non costituiscono il nucleo essenziale del servizio
pubblico affidato e che potrebbero essere realizzate da altri operatori
scelti tramite procedure ad evidenza pubblica;
l) applicare la normativa sugli appalti pubblici per l'aggiudicazione degli
appalti di fornitura, lavori e servizi da parte delle società miste
quando esse siano definibili amministrazioni aggiudicatrici.
Il Presidente
Giuseppe Tesauro
SOCIETA' DI INGEGNERIA |
Circolare 01-1999
La legge 18 novembre 1998 n.415 apportante modifiche e integrazioni
alla legge n.109/94 prevede, all’articolo 6, l’estensione alle società
di ingegneria dell’obbligatorietà dell’applicazione del contributo
integrativo, previsto dalla legislazione previdenziale delle categorie
professionali.
In attuazione di quanto disposto dalla legge sopra richiamata, Inarcassa
ha elaborato una circolare illustrativa dei contenuti, dei tempi e delle
modalità di applicazione di detto contributo.
1. I riferimenti legislativi
La legge n. 415/1998 (G. U. n del 4 dicembre 1998) all’articolo 6 recita:
si intendono per ... società di ingegneria le società
di capitali di cui ai capi V, VI e VII del titolo V del libro quinto del
codice civile (società per azioni, società a responsabilità limitata
e società in accomandita per azioni) che eseguono
studi
di fattibilità, ricerche, consulenze, progettazioni o direzioni
dei lavori, valutazioni di congruità tecnico-economica o studi di
impatto ambientale. Ai corrispettivi relativi alle predette attività
professionali si applica il contributo integrativo qualora previsto dalle
norme legislative che regolano la Cassa di Previdenza di ciascun professionista
firmatario del progetto.
Le norme legislative concernenti materia di previdenza per gli ingegneri
ed architetti (legge n.6/81 integrata e modificata dalla legge n.290/90)
prevedono che
- tutti gli iscritti agli albi di ingegnere e di architetto devono applicare
una maggiorazione percentuale su tutti i corrispettivi rientranti
nel volume d’affari ai fini dell’Iva e versarne alla Cassa l’ammontare
indipendentemente dall’effettivo pagamento che ne abbia eseguito il debitore;
- le associazioni o società di professionisti devono
applicare la maggiorazione per la quota di competenza di ogni associato
iscritto agli albi di ingegnere e architetto;
- la maggiorazione è stabilita nella misura del 2%.
Le richiamate disposizioni legislative per gli ingegneri ed architetti,
compresi anche coloro che partecipano ad associazioni o società di professionisti,
sono state recepite dallo Statuto Inarcassa, approvato con decreto del Ministero
del Lavoro e Previdenza Sociale del 28 novembre 1995.
2. Ambito di applicazione
La legge 415/98 sancisce l’obbligo per la società di ingegneria
di applicare, a titolo di contributo integrativo, una maggiorazione del
2% sull’imponibile IVA fatturato per le attività professionali sopra
richiamate, avente per oggetto una progettazione o una attività
tecnico-amministrativa (compresa la direzione dei lavori) a questa connessa.
La maggiorazione percentuale, che deve essere riconosciuta dal committente
e rappresenta per lo stesso un onere aggiuntivo obbligatorio rispetto al
valore delle prestazioni fatturate, vieneapplicata indipendentemente
dalla natura giuridica, pubblica o privata, del committente. Il relativo
ammontare deve essere versato a Inarcassa dalle società di ingegneria
indipendentemente dall’effettivo pagamento del committente, per la quota
afferente alle prestazioni professionali a firma di ingegneri o architetti.
3. Decorrenza dell’obbligo
L’obbligo di maggiorazione decorre per tutte le fatturazioni successive
al 18 dicembre 1998 (trascorsi cioè 15 giorni dalla data di pubblicazione
della legge sulla Gazzetta Ufficiale) indipendentemente dalla data di
attribuzione dell’incarico.
4. I rapporti di collaborazione
Il contributo integrativo non è dovuto, in analogia a quanto previsto dallo
Statuto Inarcassa per i singoli professionisti, per le prestazioni effettuate
nei rapporti di collaborazione tra società di ingegneria e tra queste e gli
ingegneri o gli architetti (anche in quanto partecipanti ad associazioni o
società di professionisti). Quando l'utente finale della prestazione è invece
la società di ingegneria (ad esempio opera realizzata dalla stessa società di
ingegneria) il contributo del 2% è dovuto.
5. Comunicazioni ad Inarcassa
La società di ingegneria deve comunicare ad Inarcassa il
valore totale dell’imponibile ai fini IVA sul quale è dovuto il
contributo integrativo nonché il valore dell’imponibile realizzato
in regime di collaborazione con altre società di ingegneria o con
ingegneri o architetti anche in quanto partecipanti ad associazioni o società
di professionisti.
6. I tempi di comunicazione e di versamento
La società di ingegneria deve presentare dichiarazione dell’ammontare
del volume di affari di cui al precedente punto 5. entro la fine del mese
successivo a quello in cui scade il termine per la presentazione della
dichiarazione annuale ai fini degli adempimenti IVA.
Entro lo stesso termine deve essere effettuato, in una unica soluzione,
il versamento ad Inarcassa dell’ammontare del contributo dovuto.
7. Le modalità di versamento
I versamenti della società di ingegneria sono eseguiti a
mezzo di c/c bancario o di c/c postale.
8. Gli aspetti fiscali
Il contributo integrativo è assoggettato all’IVA e non concorre
alla formazione del reddito.
9. Informazioni
Per contribuire ad una corretta applicazione di quanto disposto dalla legge
415/98, Inarcassa ha attivato una specifica attività di gestione
dedicata alle società di ingegneria (Inarcassa - Dott.ssa Cristina
Ritossa - Servizio Amministrazione e Controllo - Contributo integrativo
società di ingegneria - Tel 06/85274.487 Fax. 06/85274.488 - e-mail:
amministrazione@inarcassa.it).
10. Norme transitorie
Le comunicazioni ed i versamenti relativi al periodo 18 dicembre 1998 - 31
dicembre 1998 devono avvenire contestualmente alle comunicazioni ed ai
versamenti per l’anno 1999.
In sede di prima applicazione l’importo dovuto ad Inarcassa è ridotto in misura
pari a quanto eventualmente già versato dalla società di ingegneria come
maggiorazione nei rapporti di collaborazione di cui al precedente punto 4.
Roma, 18 maggio 1999
Il Direttore Generale
Paolo Caron
COMPETENZE PROFESSIONALI |
Il Consiglio di Stato Sez. VI con sentenza n.1876 del 28/11/97 ha dichiarato
illegittimi gli elenchi di professionisti (ingegneri, periti e chimici) che
erano stati individuati quali unici tecnici competenti a svolgere l'attività
di controllo degli impianti tecnici precisati nella legge 46/90.
La sentenza però precisa che deve essere osservato il dettato della legge che
stabilisce il principio del rispetto delle competenze che si desumono dagli
ordinamenti professionali nonché dall'assunzione della responsabilità penale
del professionista che dichiara una competenza specifica nel campo.
Concludendo, anche se la categoria degli ingegneri non gode più "per legge"
della iscrizione in appositi albi di professionisti abilitati, è stato confermato
che l'attività è riservata ai liberi professionisti nell'ambito delle rispettive
competenze. Queste possono essere però desunte dagli ordinamenti professionali e
riportano quindi la scelta alla nostra categoria.
Questo è anche l'orientamento dell'ISPESL che chiamato a rendere un parere
sulle richieste pervenutegli dal Consiglio Nazionale Architetti, con nota
del 8/10/99 ha precisato che per gli impianti di cui alla legge 46/90 riconosce
l'esclusiva competenza degli ingegneri.
Oggetto: Architetti - Ingegneri. Competenze professionali in materia di impianti
soggetti ad omologazione ISPESL
Sono pervenute all'Istituto alcune istanze da parte del Consiglio Nazionale e
dagli Ordini Professionali degli Architetti in indirizzo, in merito al
riconoscimento da parte de11'Istituto delle competenze professionali degli
architetti in materia di impianti cui alla legge 46/90.
Con tali istanze, nel richiamare la decisione del Consiglio di Stato Sez. VI
n. 1876/97, che ha annullato il Decreto del Ministero dell'Industria, del
Commercio e dell'Artigianato del 22 aprile 1992 nella parte in cui individua
in via tassativa i professionisti competenti allo svolgimento dell'attività di
verifica degli impianti, su incarico delle Autorità di vigilanza, viene espresso
l'avviso che "gli architetti rientrano a pieno titolo tra i professionisti
competenti alle verifiche in oggetto".
Al riguardo si fa presente quanto segue.
Il Consiglio di Stato con la decisione n. 1876/97, che ha riformato la sentenza
del TAR Lazio Sez. III ter, del 14 febbraio 1995 n. 360 annullando in parte qua
il sopra richiamato D.M. 22 aprile 1992, ha specificato che la questione della
competenza debba desumersi dai singoli Ordinamenti professionali.
Invero la Legge 46/90 ha demandato al successivo Regolamento emanato il 6 dicembre
1991, n. 447, esclusivamente il compito di fissare modalità di collaborazione di
liberi professionisti con le Autorità di vigilanza senza peraltro modificare le
rispettive competenze che vanno, quindi, desunte dai rispettivi Ordinamenti
Professionali.
Il Consiglio di Stato, con la decisione sopra richiamata, ha rimosso
un'ingiustificata limitazione per le attività di alcuni professionisti senza
peraltro entrare nel merito, in subiecta materia, delle competenze degli
architetti; di conseguenza per la delimitazione tra le competenze professionali
degli ingegneri e degli architetti si deve far rinvio ai rispettivi Ordinamenti
professionali.
In conformità di tale decisione, l'ISPESL accetta i progetti in base alle
competenze stabilite dai rispettivi Ordini Professionali e non secondo gli
elenchi di cui al D.M. richiamato.
In particolare, ai fini della delimitazione delle competenze professionali in
ordine alla realizzazione di impianti elettrici, si ritiene che gli stessi si
configurino quali impianti tecnologici, anche se relativi ad edifici per uso
civile, riconducibili ad impianti industriali, di pertinenza degli ingegneri.
Peraltro, alla luce della decisione n. 92/1990 del Consiglio di Stato Sezione
IV potrebbe ritenersi che, nella fattispecie in cui gli impianti di che trattasi
siano strettamente connessi con singoli fabbricati, i relativi progetti
rientrerebbero anche nelle competenze degli architetti.
Il Consiglio di Stato decidendo sui ricorsi avverso sentenze del TAR Latina
del 13 febbraio 1984 n.39 e 14/3/1984 n. 116, riuniti per connessione, ha
concluso per la non competenza degli architetti quando la progettazione e
direzione lavori, opere varie ed igieniche non risultano strettamente connesse
con singoli fabbricati.
A tale principio della connessione viene assimilata la fattispecie di opere,
da considerarsi di rilievo modesto.
Non viene riconosciuta quindi dal Consiglio di Stato un'estensione delle
competenze degli architetti, da parte dell'art. 54 che si caratterizza per
la dichiarata eccezionalità.
Invero l'art. 51 del R.D. 23/10/1925, n. 2357 individua la competenza esclusiva
degli ingegneri mentre l'art. 52 individua le opere di spettanza comune, quali
le opere di edilizia civile riservando peraltro alla competenza esclusiva
dell'architetto la fattispecie del rilevante carattere artistico e
storico-artistico.
Il successivo articolo 54, nell'ampliare le competenze dell'architetto, esclude
peraltro alcune opere e lavori, ivi comprese le applicazioni industriali.
In relazione a tali disposizioni si esprime l'avviso, confortato dalle decisioni
sopra richiamate,che gli impianti e gli apparecchi soggetti al controllo
omologativo dell'Istituto si configurino quali impianti di carattere industriale
e similari, che non rientrano nel concetto di opere di edilizia civile, di
spettanza comune a ingegneri e architetti.
Tale carattere è stato riconosciuto per le opere idrauliche dal TAR Campania
con sentenza n. 2751 del 14 agosto 1998, che ha escluso la competenza degli
architetti.
Aggiungasi che gli impianti di terra, non possono comunque annoverarsi tra
le opere di rilievo modesto, assimilabili ad opere strettamente connesse con
un singolo fabbricato, che possono essere progettati dall'architetto che ha
progettato l'opera nel suo complesso.
Invero l'articolo 4 del D.P.R. 447/91, recante il regolamento di attuazione
della legge 46/90 prevede l'obbligo del progetto per gli impianti ivi
individuati che rivestono caratteri di pericolosità e potenzialità.
La decisione n. 1876/97 richiamata da codesti Ordini professionali a sostegno
della competenza degli architetti per gli impianti sottoposti al controllo di
questo Istituto, non comporta invece modificazioni alle procedure concernenti
gli apparecchi ed impianti rientranti nelle attività istituzionali, atteso che
questo Istituto ha sempre emanato disposizioni con riguardo alle competenze
professionali individuate negli specifici Ordinamenti e Regolamenti Professionali,
anche se in alcune fattispecie è sorto un contenzioso peraltro non definito.
In particolare si fa presente che già a suo tempo l'Ordine degli Architetti
era intervenuto presso la disciolta ANCC in ordine all'esclusione della
competenza degli architetti alla firma di progetti di impianti termici,
di cui al D.M. 1/12/1975; il mancato riconoscimento di tale competenza da
parte di questa Amministrazione è stato oggetto di impugnativa, da parte di
un interessato, con ricorso tuttora pendente dinanzi il TAR Regione Lombardia.
Aggiungasi che questo Istituto aveva sottoposto all'Avvocatura dello Stato
la questione anche per quanto concerne gli adempimenti di cui al D.M. 587/87
in rispetto alla legge 5/11/71, n. 1086 e delle relative norme tecniche emanate
con D.M. 14/2/1992.
La posizione dell'istituto era stata portata a conoscenza dell'Ordine degli
Architetti di Milano con nota np. 11337 del 11/11/1991, con cui si motivava
l'esclusione del riconoscimento degli architetti quali "tecnici abilitati"
alla firma di progetti di impianti termici per la considerazione che tali
impianti non rientrano fra le opere di edilizia civile, ma consistono in
impianti industriali.
Parimenti, con la citata nota, era stata portata a conoscenza del predetto
Ordine, la circolare n.35/88 np. 5940 del 6/6/1988, che escludeva la competenza
degli architetti alla firma della documentazione tecnica da presentare a
corredo della domanda di autorizzazione preventiva all'installazione di ascensori.
Invero il D.M. 587/87 espressamente prevede che la documentazione tecnica
da presentare per l'esame preventivo dell'ISPESL sia corredata di una
"dichiarazione di un ingegnere iscritto all'albo incaricato dal proprietario
dello stabile, nel quale si attesti, con riferimento specifico all'ascensore
da installare, l'idoneità delle strutture dell'edificio a sopportare le
sollecitazioni trasmesse dall'impianto" (art. 7 del D.M. 9/12/198, n. 587
in relazione al disposto di cui al paragrafo C4 - certificati - dell'appendice
C dell'Allegato 1 punto 16 - di detto Decreto Ministeriale).
L'ISPESL, dunque, si attiene alla letterale previsione normativa espressa
nel richiamato punto C4, laddove è prevista esclusivamente la dichiarazione
di un ingegnere iscritto all'albo e soltanto una modifica alla norma in
argomento o un'estensione della stessa da parte dei Ministeri interessati
nel senso voluto dall'Ordine degli Architetti consentirebbe all'istituto
di accettare dichiarazioni a firma di architetti in tale materia.
Si precisa infine che l'Ordine degli Architetti di Catania con ricorso
proposto dinanzi il TAR Sicilia, notificato il 2 luglio 1999, ha richiesto
l'annullamento previa sospensiva, del Decreto Ministeriale 587 del 9/12/1987,
nella parte in cui tra i certificati da presentare per l'autorizzazione
preventiva all'installazione di un ascensore richiede la "dichiarazione
di un ingegnere iscritto all'Albo" escludendo gli architetti dalla competenza
a predisporre tale dichiarazione; della nota dell'ISPESL di Catania prot.
5471 del 14/4/1 999; della nota tecnica K98 dell'ISPESL del 21/9/1994 prot.
11466; di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguenziale.
La richiesta di sospensione non è stata peraltro accolta.
Alla luce di quanto sopra si esprime l'avviso che questa Amministrazione
correttamente operi nel rispetto della normativa vigente ed in conformità
della richiamata decisione del Consiglio di Stato n. 1876/97; la stessa
sentenza n. 8348/93 della Corte di Cassazione prevede che "… sussistono
attribuzioni riservate all'uno od all'altra professione quando una tale
privativa risulti espressamente regolata dalla legge …".
Il Direttore dell'Istituto
(Dott. Antonio Moccaldi)
COMPETENZE IN MATERIA GEOTECNICA |
Oggetto: COMPETENZE IN MATERIA GEOTECNICA
A seguito della ns. lettera prot. 105/99 del 3 marzo 1999 e delle
successive comunicazioni dell'Ordine Regionale dei Geologi del Piemonte
(prot. 143/99 del 09/04/99) in merito alle competenze professionali in
materia geotecnica, questa Federazione non può esimersi dal formulare
le seguenti considerazioni:
- il tono intimidatorio della comunicazione divulgata dall'Ordine dei
Geologi è inaccettabile e non meriterebbe alcuna replica. Ciò nonostante
si ritiene importante formulare le dovute osservazioni al contenuto.
- si fa notare che viene fatto riferimento a normative risalenti agli
anni 60, 70 e al 1982, ampiamente riesaminate e superate da Successivi
pareri, circolari e decisioni sia del Consiglio di Stato sia del Consiglio
Superiore dei Lavori Pubblici, (si ricorda, per esempio, che ancora nel
1993 veniva, dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, attribuita agli
ingegneri competenza anche in materia di relazione geologica, atteggiamento
questo poi modificatosi).
- la stessa lettera fa poi riferimento all'unica decisione di sezione
del Consiglio di Stato favorevole ai geologi (701/95) in contrasto col
parere 154 del 02/06/94 dell'Adunanza Generale del Consiglio di Stato,
"dimenticando" che la decisione 701/95 è stata smentita e superata dalla
decisione 705/98 (Consiglio di Stato sezione 4 - Sede Giurisdizionale)
allegata alla nostra precedente comunicazione.
Si ritiene pertanto di precisare, in linea con quanto sentenziato
dal Consiglio di Stato, che resta assolutamente impregiudicata sotto
l'aspetto giuridico-formale e di responsabilità, l'esclusiva competenza
dell'ingegnere a redigere e sottoscrivere la relazione geotecnica.
Si ribadisce pertanto agli Enti in indirizzo l'invito a non voler
ricevere e/o approvare progetti mancanti di relazione geotecnica,
ove prescritto, ovvero corredati da relazione geotecnica o "geologico-tecnica"
redatta e/o sottoscritta da persona con qualifica diversa da
quella di ingegnere.
Cordiali saluti.
Il Coordinatore della Commissione Geotecnica: Dr. Ing. Giuseppe BETHAZ
Il Presidente: Dr. Ing. Adriano GERBOTTO
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